ARIZONA (USA) 1993
LO STREGONE MECCANICO

Siamo in 5 su un macchinone americano. Alle spalle i pinnacoli spettacolari della Monument Valley, scenario di mille film western. Davanti la striscia dritta d’asfalto, una cicatrice sulla pelle secca dell’Arizona, a dividere deserti e rocce. Alla guida è l’amico Reginaldo, celebre per le sue caricature sul Secolo XIX. A bordo, sui comodi sedili, tre donne cinguettanti ci confondono le idee: Isabella, Nadia e la figlia Elisa, la nostra preziosa mascotte English speaking.

Mentre l’auto scivola via silenziosa, Regi ci fa notare che sul cruscotto si è accesa la lucetta rossa sotto l’icona della chiave inglese. Che fare? Tutto procede liscio, ma quella lucetta è un segnale inquietante. Ci fermiamo a un distributore con officina meccanica, apparso nel nulla come un miraggio.
A passi lenti, con le gambe arcuate da cavallerizzo, si fa avanti un navajo (siamo ai margini della grande riserva). Non tutti lo sanno ma gli indiani di oggi sono vestiti da cowboy: cappellone di cuoio, camicia a quadri, giubbetto con le frange, jeans e stivali. Il navajo ci guarda con occhio inespressivo e accenna a un abbozzo di sorriso ebete. Regi, meditando già di ricavarne una bella caricatura, lo soprannomina all’istante DUE INCISIVI, per via della dentatura prominente.

Due Incisivi ascolta distratto la nostra esposizione del problema lucetta rossa, poi con calma solleva il cofano dell’auto, lo fissa su con l’assicella e ... ci chiede un dollaro! Incredulo, gli porgo il bigliettone grigio con la faccia di Washington. Due Incisivi stende il dollaro tra le dita, lo osserva a lungo con l’attenzione che noi riserveremmo a una banconota giapponese. Quindi con movimenti lentissimi comincia a piegarlo, usando la maestria di un creatore di origami. Lo afferra per un lembo e poi scruta il profilo dell’orizzonte, lo schiaccia in diagonale e si ferma un minuto a respirare profondamente, lo deforma e ci osserva incantato con il suo sguardo vacuo, lo stira e rilassa i tendini delle mani tese, lo avvolge e fissa il sole alto come in cerca d’ispirazione. Da ultimo, finita l’opera, lo contempla estatico in preda a visione mistica... Tornato in sé dallo stato di trance, lo innalza al cielo con aria soddisfatta e i due incisivi brillano nella sua bocca aperta in un abbozzo di sorriso ebete. Il capolavoro ha le fattezze di un kachina, la bambolina-amuleto da appendere all’ingresso della tenda per ottenere pascoli rigogliosi.


Due Incisivi avvicina ai nostri occhi esterrefatti il dollaro-kachina e, con un atto conclusivo, se lo infila gongolante nella tasca della camicia. Noi siamo basiti, non abbiamo parole, in testa ci frullano solo punti interrogativi. La nostra macchinona è sempre lì, con il cofano alzato. Titubante, come se disturbassi Uto Ughi nel pieno della sua performance violinistica, gli indico il motore dell’auto. Due Incisivi non batte ciglio. Si piega, infila il naso adunco nel vano motore con una rapidità insospettabile, guarda dentro per una frazione di secondo e non tocca nulla. Si tira su e sbatte giù il cofano. Lo stregone navajo, consumato il rito propiziatorio, tendendo il braccio sinistro in un gesto solenne, indica l’orizzonte a settentrione e ci fa cenno di intraprendere il cammino.
Stralunati e interdetti gli obbediamo, d’altronde non ci resta altra scelta in quella landa sperduta dimenticata dagli dei. Saliamo in macchina, Regi si mette al volante, avvia la vettura, parte... la lucetta rossa è SPENTA! Ogni ingranaggio funziona alla perfezione. La magìa di Due Incisivi ha prodotto i suoi frutti miracolosi. Manitù sia lodato!

