SICILIA 2009
LA FINESTRELLA

Sono in giro per la Sicilia in macchina. Giunto in vista di Catania, accosto la mia Opel Corsa a bordo strada per svuotare il sedile posteriore e far sparire la roba nel bagagliaio, ma un guard-rail contorto e sconnesso finisce sotto traccia, non lo vedo, e con un criiiiik gelasangue mi riga la fiancata destra. La giornata non poteva cominciare sotto auspici più nefasti.

(Coprirò il danno a casa con una freccia adesiva puntata in avanti, solo sulla fiancata destra, con disappunto dei benpensanti.)
Con la fumata nera in testa posteggio la Opel nei pressi del porto e salgo a piedi in città.


Passo sotto un arco nelle mura e in un minuto sono sulla piazza centrale, davanti alla Fontana dell’Elefante con un obelisco egizio in groppa, che sembra uscito da un rito occulto della dea Iside. Poco discosto, sul portone di un palazzo d’epoca, noto “ALBERGO” in un cartello non troppo appariscente. È in centro, comodissimo!
Salgo le scale con gli occhi bassi, pensando sempre alla mia povera auto ammaccata, la reception è al primo piano. L’ambiente mi sembra lugubre, provo una sensazione di disagio, non so perché. All’ingresso il proprietario è dietro una scrivania. Alla mia richiesta di una stanza, mi risponde che sì, gliene è rimasta una, ma ci sono problemi per il bagno e per qualcos’altro che farfuglia tra i denti. Insisto: sono uno che si adatta a tutto. Me la fa vedere: è poco accogliente, molto alta d’aria, il bagno c’è. La prendo.
Scendo sovrappensiero le scale, torno alla macchina e trascino su la valigia.


Come entro di nuovo nel portone mi si aprono occhi. Ma prima come potevo non aver notato niente? La visione è poco rassicurante: le alzate degli scalini sono dipinte di nero, sui muri sono tracciati dei simboli esoterici. Salgo fino al ballatoio: nell’angolo uno scheletro in penombra mi dà il benvenuto. Mi volto: nell’angolo opposto un altro scheletro mi spia dall’ombra. Ma prima gli Spiriti delle Tenebre mi avevano accecato? Non c’è altra spiegazione.
Entro in camera. Qui tutto regolare, il bagno è dell’anteguerra ma funziona. Che problemi aveva quell’uomo? C’è solo un difetto. Mancano le finestre, a parte una FINESTRELLA quadrata, una specie di oblò, a più di due metri d’altezza. Salgo su una sedia, la apro. Non dà sull’esterno ma sul pavimento di un mezzanino a livello superiore.


Dopo la cena e il giro notturno della città, vado a letto che è quasi mezzanotte. Dalla finestrella riverbera una luce bluastra. Bene, non mi piace dormire al buio. Di sopra incomincia ad arrivar gente, intravvedo polpacci e scarponcini che camminano in quel che sembra un corridoio, e sento voci squillanti e sguaiate di ragazzi e ragazze, sempre più fitte e rimbombanti, come di un ambiente che va riempiendosi.
Verso mezzanotte parte la musica, a tutto volume, suono pesante da metallari e dark, Marilyn Manson e Black Sabbath e robaccia del genere. Questa musica delirante io la digerisco bene, senza contare che il casino mi concilia il sonno. Così, cullato da ritmi demoniaci, finisco per addormentarmi come un angioletto.

Al mattino, appena sveglio, mi viene la curiosità di sbirciare oltre la finestrella. Magari scopro un terzo scheletro... Accosto la sedia e, in equilibrio sulla punta dei piedi, spingo la testa nel varco. Dentro, a due palmi dalla punta del naso, mi appare un “iguana” vivo in gabbia! È un lucertolone verdissimo con la cresta a scaglie sul dorso, lungo più di mezzo metro.
Qualche anno dopo ne parlo con Daniela, una catanese, mia compagna di viaggio nella savana. “Ah sì – mi dice lei – è un club di sballati. Su quel posto circolano leggende strampalate. Non ci sono mai andata e mai ci metterò piede, puoi starne certo!”
(di questo viaggio mancano le foto originali)